La maschera “Pinocchio” e le pinne “Rondine” sono in commercio da sessant’anni. Pubblichiamo, opportunamente aggiornato, un brano del libro “Dominare gli istinti” di G. N. Cafiero (IRECO 2004) che racconta la straordinaria “vita civile” di Luigi Ferraro, eroe della seconda guerra mondiale e pioniere della subacquea da borghese.

Quando il mitico Luigi Ferraro rievocava le sue imprese di incursore subacqueo durante la seconda guerra mondiale si aveva l’impressione che una parte cospicua dell’eroismo richiestogli per compiere le sue azioni avesse dovuto riservarla alla sopportazione delle pinne di cui la Regia Marina lo aveva dotato.
Piccole nell’insieme, corta e stretta la pala, l’alloggiamento per le “estremità” (così, pudicamente, si usava definire i piedi negli anni ’40 del secolo scorso) era costituito da una tasca di caucciù alquanto duro nella quale trovava posto mezzo piede, bloccato da un cinturino che agiva sopra al calcagno, sul tendine di Achille, sicché le dita (e in particolare l’alluce) erano piegate e compresse: un dolore acuto, che bisognava sopportare stoicamente; e come effetti collaterali piaghe e deformazioni. Un’atrocità. Al punto che il Comandante Luigi Ferraro, quando rievocava quei giorni e quegli eventi, che pur gli valsero una medaglia d’oro al valor militare, lasciava intendere che quegli strumenti di tortura che doveva calzare lo angosciavano più delle fotoelettriche sciabolanti azionate dalle sentinelle sulle navi insidiate.

Nel 1950 Ferraro pubblica su Mondo subacqueo (un “numero unico” precursore di “Mondo sommerso”) un suo piccolo trattato dal quale risulta che la tecnologia dell’attrezzo non ha fatto grandi progressi: soltanto mezzo piede trova posto nella saccoccia di gomma, mentre il cinturino pigia sempre le dita contro il fondo e le piega, le fa dolere.

Ma Ferraro è lì che pensa, studia, elabora, calcola, disegna, progetta, esperimenta. Nel 1951 lavora da quattro anni per il Pescatore Subacqueo di Antonio Egidio Cressi e con quel marchio immette sul mercato la pinna della rivoluzione tecnologica. L’attrezzo è brevettato in Germania il 5 novembre 1951 e in Francia il 20 agosto 1952. Il 31 agosto dell’anno successivo, 1953, Giovanni Cressi (fratello di Egidio) e Luigi Ferraro si rivolgono all’United States Patent Office, l’ufficio brevetti degli Stati Uniti per registrare il loro prodotto fortemente innovativo.

E’ negli stessi anni, e sempre per Cressi, che Ferraro rivoluzionò pure la maschera. In principio l’unico prodotto industriale era stata la francese “Monogoggle”: un grande progresso, quanto a visione, il vetro unico, rispetto agli occhialini di balsa giapponesi e polinesiani con i loro due vetri sfalsati; ma un errore madornale il naso tenuto fuori. Ferraro ragionava così: “Nell’immersione, per procedere verso il fondo, sono necessarie due compensazioni: una per la maschera, l’altra per le orecchie. La maschera, per effetto della pressione idrostatica esterna, tende a schiacciarsi contro il viso con conseguente dolore delle orbite oculari. Per le orecchie stesso fenomeno. La pressione esterna, gravando sul timpano procura dolore lancinante.” Se ne sapeva poco, allora, di compensazione e dei problemi provocati dal grande volume interno delle maschere disponibili. Le quali, ancorché prodotte su scale industriale, erano sostanzialmente repliche di quelle che i primi sub si fabbricavano sul tavolo della cucina con sezioni di camera d’aria: molti modelli di Cressi, con l’aeratore incorporato, impedivano di fatto la compensazione. Era in catalogo, tra le tante, la ‘Sirena 2B’, che copriva il volto dalla fronte al mento incluso, consentendo di respirare col naso o con la bocca o con tutti e due contemporaneamente attraverso ben due aeratori solidali alla maschera e muniti, sulle estremità a contatto con l’aria, ciascuno d’una valvola di gomma a tenuta con galleggiante di sughero. Insomma un enorme volume interno, che rendeva praticamente impossibile la manovra di compensazione: sia quella della maschera in sé, sia quella sui timpani. Buona al massimo per osservare il fondo nuotando in superficie, ma non certo per una immersione utile.he su quello che è il mercato interno più grande del mondo. La chiama “Rondine”, Ferraro, la sua pinna, una summa di innovazioni in termini di fisica (l’inclinazione della pala), chimica (la mescola della gomma), meccanica (l’azione molto vicina a quella della coda di un cetaceo); ma, soprattutto, la soluzione adottata per la calzata: una vera e propria scarpa su misura che alloggia tutto il piede, con la punta aperta che consente alle dita di estendersi a articolarsi liberamente. Oggi tutte le pinne moderne – a eccezione di quelle che si calzano su acconci scarponcini – sono costruite in base ai principi ergonomici della “Rondine”.  Nel certificato americano sono citate altre tre “ patenti”: quella concessa il 23 novembre 1937 a Corlieu, quella a Smith il 12 maggio 1942 e Ferraro progettò una maschera in gomma elastica dal bordo molto morbido; il vetro frontale era assicurato al corpo da una reggetta in plastica, serrata ulteriormente da un ponticello d’acciaio che congiungeva la parte superiore con quella inferiore, proprio nel punto in cui comincia a delinearsi la sagomatura destinata ad accogliere il naso che, al momento opportuno, può essere stretto con le dita dall’esterno: forzando l’aria nel naso tenuto chiuso con le dita, il subacqueo convoglia l’aria a attraverso le tube di Eustachio fino al timpano, riequilibrando così la pressione e quindi impedendo l’introflessione della membrana timpanica e il conseguente intensissimo dolore. La “Pinocchio”, inoltre, con il suo volume interno assai ridotto rispetto alla media delle maschere di oltre cinquant’anni fa, risolveva un altro degli inconvenienti indotti dalla pressione idrostatica: quello che fa incollare al volto la maschera “non compensata”, accadimento che comporta dolore fortissimo e persino rottura dei capillari sanguigni degli occhi se il sub non interviene per tempo a evitare il “colpo di ventosa”. Con la innovativa “Pinocchio” bastava la semplice manovra di espellere aria dal naso, questa volta senza stringere le pinne nasali, perché l’aria, riempiendo la maschera, riequilibrasse la pressione idrostatica esterna che la schiacciava contro il viso. Come le pinne “Rondine”, la maschera “Pinocchio” (che continua a essere prodotta dall’azienda erede del Pescatore Subacqueo, la Cressi-sub) ha infuso i suoi principi costruttivi e funzionali in tutti i modelli successivi, di tutte le maschere, in tutto il mondo. (g.n.c.) infine la “patent” concessa a Churchill il 15 giugno 1948. Le pinne Churchill in vendita a 58 € al giorno d’oggi assomigliano come due gocce d’acqua a quelle contro le quali Ferraro ha combattuto la sua battaglia per il comfort.

Per approfondimenti sulla vita militare e civile di Luigi Ferraro (Medaglia d’Oro al Valore Militare) è possibile consultare il sito http://www.luigiferraro.it

Sulla rivista “Pescasport” n. 12 del dicembre 1956, la ditta “Cressi – Il pescatore subacqueo – Genova Quinto – Via Majorana, 9 – tel 37.698 – 37.382” – tramite questo disegno a piena pagina sulla seconda di copertina, inviava gli auguri di Natale e capodanno ’57 “…a Clienti, Amici e a tutti i Simpatizzanti”: Nel disegno, firmato “Lello 56” si vede il dio Nettuno, seduto a fianco del corallo di Natale, che riceve in regalo dai suoi sudditi le attrezzature Cressi: una maschera “Pinocchio”, le pinne “Rondine” e, in sostituzione del suo vecchio e classico tridente con l’asta spezzata ai suoi piedi, un fucile “Cernia”