Nell’ambito della sua mission HDSI aveva programmato di costruire il modello della Campana di Spalding.
La sua realizzazione è stata affidata al modellista senese Alberto Bartali – al quale siamo grati per aver prestato gratuitamente la sua opera – e dai primi di ottobre 2021 è esposto al MAS.

La ricostruzione propone sulla sinistra una sezione della campana di Spalding (XVIII secolo) e a destra, in scala ridotta, il modello di una campana simile mostrato nella sua interezza.

È stato il primo strumento valido che ha consentito all’uomo di lavorare sott’acqua.
L’uso delle campane comincia a diffondersi nel XVI secolo favorendo sia i lavori per la costruzione di opere ingegneristiche (moli, fondamenta di ponti, ecc.) che i primi recuperi di carichi e tesori di navi affondate.

Andando avanti negli anni anche l’uso della campana si fa più perfezionato con la possibilità di rifornire e cambiare l’aria al suo interno (inviando dei barili zavorrati pieni di aria sul fondo) così come previsto da quella progettata nel 1690 dal noto astronomo e matematico inglese Edmond Halley.

Nonostante queste innovazioni l’uso delle campane propone sempre dei notevoli rischi soprattutto per il problema dell’aria viziata e della pressione a cui gli occupanti erano esposti, anche se la possibilità di recuperare carichi di grande valore dal fondo del mare attira molti pionieri, sicuramente coraggiosi ma non sempre attenti.
E’ il caso del pasticciere scozzese Charles Spalding che perfeziona la campana di Halley dotandola di una zavorra e di un sistema di carrucole che, manovrato dallo stesso operatore, è in grado di farle variare la quota d’immersione. Purtroppo Spalding e suo nipote Ebenezer Watson rimangono vittime di un incidente occorso il 2 giugno del 1783 durante l’uso della loro campana su un relitto nella baia di Dublino, perdendo entrambi la vita, forse intossicati dall’anidride carbonica.

Per info e prenotazioni visite al Museo: museo@hdsitalia.it – 338 7265650